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Il testo analizza come il pensiero scolastico tardomedievale, riflettendo sul rischio d'impresa e sulle assicurazioni, sulle pratiche divinatorie e sul concetto di fortuna, consegni alla cultura occidentale un'idea: il rischio ha di per se stesso un valore che può essere "commerciato". È interessante scoprire come il gioco in quel tempo più diffuso e più demonizzato, i dadi, in cui il rischio si manifesta nella sua forma più semplice, ha offerto alla teologia morale e alla dottrina giuridica una palestra all'interno della quale discutere dei rapporti che intercorrono tra fenomeni casuali e regole dell'economia.